«Ed ecco l’ottavo ed ultimo cucciolo! Brava Laika!» esclamò il contadino, accarezzando la cagnolina di Border Collie stremata da quel lungo parto. I suoi piccoli erano tutti lì intorno a lei ed emettevano deboli versi.
Tutti tranne uno.
L’ultimo cucciolo nato stava in silenzio ed era molto concentrato mentre cercava di alzarsi sulle zampe.
«Che vuoi fare tu?» disse il contadino ridendo. «Hai già voglia di camminare? Ti chiameremo Pepe! Ti piace il nome Pepe, Laika?» chiese rivolgendosi alla mamma del piccolo. Ovviamente non ottenne risposta, ma diede per scontato che alla cagna sarebbe stato bene. «Pepe!» pensò tra sé Laika. «Sì, potrebbe andarmi a genio» e mentre tutti gli altri cuccioli cercavano le mammelle della madre, lei tirò a sé Pepe, che ancora non era interessato a sfamarsi di latte, e iniziò a leccarlo affettuosamente. Il piccolo si accorse che la cosa era piacevole e si lasciò coccolare dalla sua mamma.
Le settimane passavano e i cuccioli crescevano. Laika insegnava ai suoi piccoli molte cose e ripeteva sempre che un giorno non sarebbe più stata con loro e avrebbero dovuto cavarsela da soli. La cagna, con il cuore spezzato, ascoltava spesso i discorsi dei suoi padroni: «Non possiamo tenerli, dobbiamo trovare buone famiglie alle quali affidarli».
Si avvicinava il Natale e molti bambini arrivarono alla fattoria, accompagnati dai genitori, per scegliere uno dei cuccioli. Ad una ad una le tenere palle di pelo trovarono una nuova casa.
Tutti tranne uno.
Pepe era sempre in disparte. Sapeva benissimo che quella, prima o poi, non sarebbe più stata la sua dimora e che, a malincuore, avrebbe dovuto dire addio alla dolce e tenera mammina. Sentiva, però, che nessuno dei bambini che aveva conosciuto in quei giorni era quello giusto. Perciò se ne stava sempre sulle sue, a differenza dei fratelli che riempivano di feste chiunque gli giungesse davanti.
Una notte nevicò, nevicò tantissimo. Pepe era appallottolato con la mamma nella stalla. Fuori era tutto bianco! Non aveva mai visto nulla del genere. Laika gli spiegò che era neve e la mattina seguente, insieme, andarono sulla porta. «Com’è bianca!» esclamò Pepe con gli occhi pieni di stupore. Aveva timore di toccarla. Avvicinò una zampetta: era fredda e soffice! Laika, giocando, lo spinse forte col muso e Pepe ci finì dentro completamente. Dapprima uscì fuori spaventatissimo, poi si accorse di provare un gran divertimento. «Che bella la neve!» urlò saltellando di qua e di là. Era felicissimo e anche la mamma lo era, ma questa felicità durò poco. Da lontano videro arrivare il padrone assieme ad una coppietta e una bambina che aveva dei vistosi codini sulla testa, tenuti su da dei grossi fiocchi gialli. A Laika venne un colpo. Sentiva che qualcuno stava per portarle via il suo tenero e ultimo cucciolo. Pepe, invece, non si era ancora accorto di nulla. Poco dopo i due cani udirono uno strillo acuto e il piccolo, voltandosi di scatto con ancora il musetto pieno di neve, si vide correre contro una urlante e dondolante bambina. A braccia aperte, lo strinse in una morsa prima che lui potesse rendersi conto di cosa stesse succedendo. «Lo voglioooo! Lo voglio, lo voglio, lo voglio!!!» strillò a squarciagola quella che i genitori, in un secondo momento, chiamarono Melissa.
«Siamo fieri di rendere felice la nostra bambina!» esclamò la madre con tono stridulo e al contempo mieloso.
«Che cifra devo scrivere sull’assegno?» domandò il marito.
«Assegno?» chiese stupito il contadino «Nessun assegno! Questi cuccioli non sono in vendita. Li doniamo alle famiglie che si prenderanno cura di loro come faremmo noi, se solo ne avessimo la possibilità!» spiegò l’uomo accarezzando le orecchie basse di Laika.
«E noi siamo le persone giuste!» affermò la donna con quel solito tono.
Nel frattempo Pepe, che si era liberato dall’abbraccio stritolatore di Melissa, si rifugiò tra le zampe della madre. «Mamma! Non voglio andare con quella! Mamma, ti prego, non lasciarmi andare con quella gente!» pianse Pepe. Laika aveva il cuore in gola, ma non poteva fare nulla. Cercò di tranquillizzare il piccolo ripetendogli che quella famiglia gli avrebbe voluto bene e che si sarebbe presa cura di lui. Più che altro, però, cercava di tranquillizzare se stessa.
Così, il piccolo Pepe e la sua cara mamma dovettero separasi. Il cucciolo continuò a guardare Laika dal finestrino e lei corse fino allo steccato in fondo al campo per non perdersi nemmeno uno di quegli ultimi istanti.
«Vieni piccola mia, torniamo a casa. Vedrai, starà bene» sospirò il padrone vedendo la sua cagna afflitta.
Pepe si accucciò mogio mogio sul sedile.
«Io odio questo stupido cane!» strillò subito Melissa.
«Zitta, inutile testona!» le urlò sua madre con una voce tutt’altro che mielosa. «E tu, Gerard, smettila di avere quell’espressione da ebete!» disse rivolgendosi al marito.
«Non è colpa mia Clarisse, sei tu che hai voluto inscenare questa ridicola commediola» ribatté sarcastico Gerard.
«Beh, mica potevamo rapirlo!» urlò la donna con una risata grottesca.
Pepe non credeva alle sue orecchie, dove era capitato? Cosa volevano da lui? Dove lo stavano portando? Si rassegnò a scoprirlo in seguito, in quel momento non avrebbe risolto nulla.
Dopo molto tempo, che a Pepe sembrò un’eternità, arrivarono in un quartiere di casette piene zeppe di luci natalizie e con altissimi alberi addobbati a festa. Tutti i vialetti erano sgombri dalla neve che si accumulava alta ai bordi. Loro, però, parcheggiarono in strada. Camminarono lungo l’unico vialetto ancora da spalare e si diressero verso l’unica casa senza luminarie. «Che tristezza!» pensò Pepe affondando le zampette senza entusiasmo.
CONTINUA…
👉 “La fuga di Natale” (seconda parte) di Elena Canepa e Laura Canepa
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Mi raccomando che la storia finisca bene.
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Eheheh vedrai!😉
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