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Entrarono nell’abitazione e anche lì l’atmosfera era la stessa: nessun albero di Natale addobbato, mobili di bassa qualità sparsi a casaccio per le stanze e molto disordine. Pepe si domandava quale sarebbe stata la sua brandina o la sua nuova cuccia. Ad un tratto Clarisse lo sollevò da terra esclamando: «Puah! Puzzi di cane rognoso!» e lo portò giù per delle scale che conducevano allo scantinato. Lì lo scenario era orribile: una grossa stanza bianca con un tavolo, sempre bianco, al centro; grosse lampade al neon illuminavano il tutto. La cosa più spaventosa, però, furono le gabbie lì intorno: dentro vi erano alcuni animali!
Una di esse aveva la porticina aperta: era destinata a Pepe che vi fu rinchiuso dentro in malo modo dalla donna, la quale risalì le scale e uscì sbattendo la porta. Pepe, con rammarico, si accucciò e si mise a piangere.
«Ehi tu! Chi sei?» chiese d’un tratto una voce. Pepe si ridestò e si guardò intorno. «Dico a te!» insistette la voce da dietro le sbarre: era una scimmietta che iniziò a sbattere la gabbia per farsi notare. Pepe con una vocina debole rispose: «Sono Pepe».
«Ehi Pepe, da dove arrivi?» chiese un’altra voce che si rivelò quella di un pappagallo tutto colorato. Pepe raccontò della sua fattoria e di come fosse finito lì.
«Beh, ti è andata meglio che a noi!» urlò un procione da un’altra gabbia. «Io mi chiamo Larry e sono stato rapito dallo zoo» continuò. «Sssi! Proprio cosssì, anche io abitavo allo zoo» sibilò un serpente che disse di chiamarsi Snake.
«Mangiavamo e dormivamo e l’unica cosa che dovevamo fare era sopportare la gente che veniva a guardarci» spiegò Ben la scimmia.
«Parla per te, io mi trovavo in un negozio di animali assieme a Mooney, quel pesce laggiù» intervenne Kiri il pappagallo, indicando col becco una vaschetta. Dentro Mooney agitò la coda per farsi notare.
Pepe si tirò su: quei compagni di sventura sembravano simpatici.
«Perché siamo chiusi in queste gabbie?» domandò il cucciolo agli altri animali.
Mooney cominciò ad agitarsi nella sua vasca.
«Cose terribili, terribili sul serio» cominciò Larry. «Quei tizi, la coppietta con la stramba figlia, stanno aspettando un’équipe di scienziati per fare esperimenti su di noi» rivelò grave il procione. Ci fu un attimo di silenzio. A turno gli animali raccontarono a Pepe di come quella stanza venisse affittata a personaggi senza scrupoli che staccavano assegni molto consistenti alla famigliola.
«E quella piccola demonietta definita bambina?» saltò su Ben.
«Già» fece Larry continuando: «è odiosa, arriva qui con quella voce stridula a torturarci mettendoci vestitini o ingarbugliandoci il pelo con quei luridi fiocchetti! Si meriterebbe proprio una bella lezione!» concluse il procione.
Raccontarono anche dei numerosi tentativi di fuga senza successo. Pepe ascoltò tutto con preoccupazione ed espresse la sua opinione: avrebbero dovuto tentare ancora e con un piano più dettagliato; lui era piccolo, ma la mamma gli aveva insegnato un sacco di cose. Inoltre, mancavano pochi giorni a Natale e sarebbe stato un grosso dispiacere passarlo lì dentro.
Tutti gli animali furono d’accordo con il cane: era necessario fuggire da quel posto terribile.
Iniziarono a guardarsi intorno per trovare un’idea. Erano da escludere, come vie di fuga, sia la porta che conduceva al piano superiore, sia la piccola finestra: dopo il precedente tentativo era stata elettrificata. Non si vedevano però altri passaggi e, comunque, prima dovevano riuscire ad aprire le gabbie. Pepe, nonostante tutto, non si perse d’animo: «Come siete usciti le altre volte?».
Fu Kiri a rispondere: «La prima volta è stato Ben: è riuscito ad incastrare un legnetto nel meccanismo di chiusura mentre lo rimettevano dentro. In seguito, ha aperto le porticine anche a noi». Intervenne la scimmietta: «Si, quella volta sono stato fortunato; successivamente è stato Larry ad aprirci: durante gli esperimenti avevano dimenticato una piccola pinza e l’ha nascosta e usata per forzare la porticina».
Pepe ascoltò con attenzione, soprattutto quando Snake parlò delle ritorsioni: «Ci hanno catturati entrambe le volte e ci hanno tolto il cibo per parecchi giorni come punizione, ssssi!».
La faccenda era complicata, ma Pepe aveva un piano e lo spiegò ai compagni di sventura: «Per aprire le gabbiette dovremo affidarci a Kiri: tu hai un becco forte e puoi far saltare le molle che tengono chiusa la porticina. Una volta libero, dovrai aprire anche le nostre. Quando saremo fuori correremo via a gambe levate». Gli animali erano perplessi, ma più di tutti il piccolo Mooney, che si agitava nella vaschetta. «Non preoccuparti pesciolino» disse rivolto a quest’ultimo «porteremo anche te, dentro a quella brocca sul tavolo che Ben riuscirà facilmente a trasportare». Dopo un attimo di silenzio, Kiri diede voce al dubbio che tormentava tutti: «E poi? Una volta fuori dalle gabbie cosa faremo?». Pepe sorrise: «C’è uno scarico delle acque laggiù e scommetto che porta fuori!».
Tutti guardarono nella direzione che il cucciolo indicava e lo videro: un buco stretto, ma che avrebbe permesso loro di scappare. «Come abbiamo fatto a non pensarci prima?» disse Ben.
Pepe spiegò che lo aveva notato grazie ad un ricordo del suo vecchio scantinato. Quel canale serviva in caso di perdite d’acqua per evitare l’allagamento. Larry non era ancora convinto ed espresse le sue perplessità: «Non me ne intendo, ma di solito gli scoli dell’acqua sono bloccati da delle griglie per impedire agli animali che stanno fuori di entrare in casa». Pepe si intristì subito, non ci aveva pensato, ma il procione aveva ragione: alla fattoria dovevano sempre stare attenti ai topi e quegli accorgimenti erano fondamentali.
Dopo qualche istante, videro spalancarsi la porta e due piedi spuntarono in cima alle scale.
CONTINUA…
“La fuga di Natale” (terza parte) di Elena Canepa e Laura Canepa
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Bellissima storia
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Grazie mille!!!
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