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“Un sogno tutto al femminile” (terza e ultima parte) di Elena Canepa e Laura Canepa

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“Un sogno tutto al femminile” (prima parte) di Elena Canepa e Laura Canepa

“Un sogno tutto al femminile” (seconda parte) di Elena Canepa e Laura Canepa

Quando furono nella camera di Maggie, Emily iniziò a parlare. «Mio fratello sta male e non potrà giocare, ma in campo ci sarà comunque…»

Maggie la guardò senza capire.

«Giocherò io al suo posto» concluse Emily.

La ragazza rimase in silenzio per un attimo, poi scosse la testa. «No, non si può fare.»

«È troppo importante, non puoi non capire!» cercò di convincerla Emily.

L’amica ci pensò su, poi cedette. «Ok, hai vinto. Adesso bisogna trasformarti in Brian.»

Maggie si occupò subito dei capelli. «Ne sei proprio sicura? È un gran peccato, sono bellissimi!»

«Ricresceranno, tagliali» e così, una ciocca dopo l’altra, i lunghi riccioli della ragazza caddero a terra.

«Guarda qui!» esclamò Maggie reggendo uno specchio.

Emily alzò lo sguardo: chiunque avrebbe visto Brian in lei.

«Ottimo lavoro, Maggie» si complimentò con l’amica.

«Ma non abbiamo ancora finito, adesso dobbiamo fare ancora qualcosa per quelle» disse indicando il seno di Emily.

Maggie uscì di corsa dalla stanza e tornò con delle bende elastiche. «È tutto quello che sono riuscita a trovare» fece spallucce.

Emily indosso la divisa della squadra e si specchiò.

«Perfetto!» annuì Maggie.

In quel momento suonarono alla porta. Maggie si precipitò ad aprire. «È sicuramente Violet, facciamole uno scherzo!»

«Brian, cosa diavolo ci fai qui?!» chiese Violet preoccupata.

Emily e Maggie scoppiarono in una fragorosa risata e rivelarono l’inganno all’amica.

Rise anche Violet. «Ci sono cascata in pieno! Ma… hai tagliato i capelli! Sei impazzita!»

In breve Emily spiegò la situazione a Violet che, però, sollevò alcuni dubbi. «Ma se aprirai la bocca l’inganno sarà svelato, le vostre voci non si assomigliano per niente!»

«Hai ragione, cercherò di parlare il meno possibile ma adesso andiamo, altrimenti si farà tardi…» fece per incamminarsi, ma Maggie l’afferrò per un braccio. «Aspetta, ho un’idea. Dovrai arrivare in ritardo, giusto un attimo prima del fischio d’inizio. In questo modo nessuno dei “tuoi” compagni avrà modo di parlarti.»

«Buona idea, Maggie!»

Dagli spalti proveniva un brusio assordante mentre i giocatori erano già in campo, pronti per il fischio d’inizio.

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Emily assieme alle due fidate amiche aspettava nascosta dietro un cartellone pubblicitario, osservando il mister che si chiedeva, palesemente alterato, dove si fosse cacciato Brian. Mentre stava decidendo chi mandare in campo al posto del ragazzo, Emily si diresse verso la squadra e fece un fischio per attirare l’attenzione dell’uomo che le rivolse uno sguardo accigliato.

Anche i compagni di squadra le si stavano avvicinando per fare le ultime chiacchiere prima dell’inizio, ma fortunatamente l’arbitro la salvò richiamandoli tutti per dare il via alla partita.

Al fischio l’inizio la palla venne prontamente calciata. Il gioco era in mano agli avversari che puntarono dritti verso la porta ospite, ma la difesa era compatta: non lasciò passare gli attaccanti. Presero la palla che con velocità venne spinta nell’altra metà del campo.

«Johnson, è tua!» urlò un ragazzo al fianco di Emily che, con l’adrenalina a mille, diede il primo calcio al pallone. Si guardò attorno: ai lati gli avversari le si stavano facendo vicini. Veloce, scattò in avanti cercando con lo sguardo un compagno a cui passare la palla per liberarsi dalla stretta dei difensori. Aveva poco tempo per pensare: non doveva finire in fuori gioco. Appena individuato il momento giusto, calciò il pallone con decisione e questo arrivò dritto tra i piedi del compagno: un passaggio perfetto.

Erano già vicini alla porta, ma l’azione non andò a buon fine: un difensore avversario prese possesso della palla e veloce filò nell’altra metà del campo. Il mister urlava suggerimenti correndo su e giù per la panchina, ma nonostante i giocatori fossero in forma, il primo tempo si concluse con un nulla di fatto.

Durante l’intervallo, negli spogliatoi, il mister fece il punto della situazione: le due squadre si equivalevano per capacità e strategie, l’unico modo per vincere era sbalordire gli avversari con qualcosa di nuovo; chiese ai giovani di improvvisare.

Emily stette in disparte tutto il tempo per evitare di dover parlare con qualcuno. Mentre tornavano in campo, un ragazzo le si parò davanti. «Ehi, Johnson, tutto ok?»

Emily lo guardò negli occhi e vide un lampo. Temette di essere stata scoperta, quindi filò via con un cenno della mano.

La partita riprese ma, come nel primo tempo, non accadde nulla. Il mister era rosso in volto e i minuti scorrevano veloci. Anche sugli spalti il nervosismo cresceva.

A tre minuti dalla fine Emily, che per tutta la partita aveva favorito i compagni con passaggi perfetti, si ritrovò il pallone davanti: un rapido sguardo attorno e decise che quello sarebbe stato il suo momento. La strada verso la porta era libera, quindi iniziò a correre. Gli avversari le si fecero vicini, ma girando su se stessa riuscì a liberarsene. Si trovava però in diagonale rispetto alla porta e calciare da lì sarebbe stato un rischio. In una frazione di secondo prese coraggio e tentò il tiro. Il pubblico, silenzioso, era col fiato sospeso. Il pallone superò le teste dei difensori avversari e puntò dritto alla rete. Il portiere si lanciò nella traiettoria della palla, troppo veloce, che finì in porta.

Mentre la rete ondeggiava, si levò un boato dalla folla e i compagni sollevarono Emily da terra felici.

In quel momento, la ragazza non pensò al rischio di essere scoperta, non le importava, urlò di gioia. Avevano vinto la partita ed era tutto merito suo.

Immagine di Мария Ткачук da Pixabay

Un sogno tutto al femminile: Copyright © Elena Canepa e Laura Canepa – Tutti i diritti riservati

 

37 risposte a "“Un sogno tutto al femminile” (terza e ultima parte) di Elena Canepa e Laura Canepa"

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  1. ciao, ho letto solo questo pezzo ma l’ho trovato molto bellino.
    qui, secondo me c’è un leggero buco di trama, non siamo in un film per cui la sequenza di immagini si spiega da sola 🙂

    “In quel momento suonarono alla porta. Maggie si precipitò ad aprire. «È sicuramente Violet, facciamole uno scherzo!»

    «Brian, cosa diavolo ci fai qui?!» chiese Violet preoccupata.”

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  2. Eccole le sorelle: quando ci si mettono, tirano fuori delle belle storie anche quando la trama è telefonata, come un passaggio al portiere. Ma attenzione, il tiro prende una traiettoria insidiosa e… ed è GOL!!! 👏👏👏

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      1. Se vogliamo fare i pugnoli, infatti c’è un errore “tecnico” in effetti: prima delle partite (qualunque categoria o settore giovanile), l’arbitro entra negli spogliatoi con la distinta delle formaizoni e fa l’appello, chiamando il cognome dei giocatori e questi dicono nome e numero di maglia e identificandosi (nel cartellino del giocatore c’è anche la foto).
        Quindi il problema della voce sarebbe dovuto emergere. Almeno per compagni e allenatore.

        Ma va bene così, tenetelo a mente nel caso vi capitasse di nuovo: in pratica si complica la sfida… 😀

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      2. Non è detto: conosco gente che arrivava già vestita alle partite… Gente malata, ovviamente 😜

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      3. Sì, lo so che hai risposto a loro. Nelle società di bassa categoria, ormai sono i giocatori a tenere il materiale (divise) e le portano direttamente al campo il giorno della partita. E qualcuno se la indossa già a casa…

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  3. Bellissimo racconto ragazze! Il tema mi è molto piaciuto e il trucchetto di fingersi il fratello è stato un colpo di genio e anche un sacrificio per i suoi capelli, ma ne è valsa la pena per mostrare a tutti le sue capacità.
    Aspetto il prossimo racconto😊

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      1. È vero, nelle favole abbiamo usato nomi italiani… Giusta osservazione! Comunque, questo racconto sportivo lo vedevamo bene ambientato in America, dove gli sport a scuola sono molto valorizzati. Purtroppo, in Italia, succede raramente…😔

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