Rita stava uscendo dal supermercato. La nuova vita da pensionata era una cosa insolita per lei, abituata a non fermarsi un attimo nella sua vecchia sartoria. Abitava in un quartiere poco lontano dal centro della città e non si era mai sposata.
Al mattino faceva la spesa e tornava a casa passando sempre per la stessa strada. Preparava poi un pranzetto veloce guardando la televisione e, nel pomeriggio, alternava la lettura di un buon libro al lavoro a maglia, giusto per non perdere le vecchie abitudini. Tutte le sue giornate erano identiche. Niente rompeva mai quella routine.
Fino a quel giorno.
Rita stava tornando a casa per la solita strada. D’un tratto sentì delle urla: si girò di scatto e, nel vicoletto alla sua destra, vide un uomo anziano circondato da dei teppisti che lo stavano prendendo a calci insultandolo: «Prendi questo, sporco barbone!».
Subito la donna corse verso di loro e urlò: «Disgraziati! Andate via di qui!». I ragazzini, scappando, risero e la apostrofarono in modo volgare.
Rita non se ne preoccupò e si diresse dal pover’uomo: «Ehi, signore, si sente bene? Ha bisogno di aiuto?».
L’uomo la guardò e, con le lacrime agli occhi, rispose piano: «Si, tutto bene, signora. Succede spesso». Faticava a camminare, ma le ferite erano superficiali.
Rita cercò di convincerlo ad andare all’ospedale. L’uomo rifiutò, ma accettò di bere qualcosa di caldo a casa della donna.
Rita mise a bollire dell’acqua e preparò un té.
L’uomo, che si chiamava Ernesto, aveva la voce costantemente rotta dal pianto. La donna riuscì a capire che quel vecchio signore aveva perso tutto. Senza fare ulteriori domande, che in quel momento sarebbero state indiscrete, Rita disse ad Ernesto che, se ne avesse avuto bisogno, il bagno sarebbe stato a sua completa disposizione. L’uomo accettò con piacere e, nel frattempo, la padrona di casa recuperò dall’armadio alcuni vestiti appartenuti al vecchio zio mancato anni prima. Cenarono insieme con dell’ottimo arrosto e la donna decise che avrebbe ospitato Ernesto, almeno per il periodo natalizio. L’uomo fu felice: avrebbe trascorso quelle festività in compagnia della gentile signora.
I giorni passarono ed Ernesto cominciò ad aprirsi di più con Rita: «La mia vita è stata bella: avevo una moglie e due figli ma, così come la felicità mi è stata data, mi è stata anche tolta. Prima ho perso entrambi i miei figli in un incidente stradale, poi mia moglie si è ammalata» fece una breve pausa per ricacciare indietro le lacrime e poi riprese: «Abbiamo provato tutte le cure, anche le più costose, ma in breve tempo ha raggiunto i nostri figli al Creatore. I debiti per le terapie mi hanno sommerso e mi è stata pignorata la casa, ma non me ne importa niente. La mia vita non ha più senso e non voglio più lottare. Dovrei farla finita, ma farei un torto alla memoria della mia famiglia».
Rita ascoltava con tristezza le parole del poveretto. Quanta sofferenza in quegli occhi e in quelle mani tremanti, consumate dal lavoro e dai sacrifici. Comprese che Ernesto covava un desiderio: rivedere il paesino dove aveva vissuto felice con la famiglia.
Arrivò la vigilia di Natale, i due pranzarono con delle ottime tagliatelle.
In seguito la donna chiese ad Ernesto di accompagnarla in macchina a fare la spesa, giustificandosi: «Sa, non uso praticamente mai l’auto. Domani, però, è Natale e ho intenzione di preparare qualcosa di speciale…».
L’uomo acconsentì.
I due si avviarono, ma quando furono vicini al supermercato… Sorpresa! La donna prese un’altra strada con l’intenzione di portare l’uomo a visitare il suo paesino.
«Ecco il mio regalo di Natale!» sorrise Rita. L’uomo si commosse e, arrivati a destinazione, scese dall’auto e abbracciò forte l’amica. Con emozione le fece vedere ogni luogo e le raccontò di ogni ricordo. Fu una giornata intensa e piena di gioia per entrambi.
I due rientrarono a casa in tarda serata e Rita disse: «Caro Ernesto, sono stanchissima. Vado in camera mia a riposare». Ernesto, sedendosi sulla poltrona, le disse: «Rita, sono troppo felice: rimarrò a guardare questo meraviglioso albero di Natale ancora per un po’». Così si augurarono la buonanotte.
«Sveglia Ernesto! É Natale!» chiamò Rita la mattina dopo.
Il vecchio uomo sorrideva, ma non si svegliava. La donna capì, posò una mano su quella dell’uomo e sussurrò: «Buon Natale, Ernesto…».
Si era addormentato per sempre con la gioia nel cuore e forse, proprio nel giorno di Natale, aveva ritrovato la sua famiglia.
Il regalo di Natale: Copyright © Elena Canepa e Laura Canepa – Tutti i diritti riservati
Che bella storia delicata! Buona domenica
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Grazie, molto gentile!😊 Buona domenica!❤️
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Immagino che il blog sia gestito da entrambe, Laura ed Elena. Beh, ragazze. Siete proprio brave! Adoro sia il vostro modo di scrivere, che il contenuto dei racconti, ma soprattutto il messaggio che volete trasmettere. La lettura di questo breve racconto ha dipinto sul mio volto un sorriso e mi ha fatto ancor di più desiderare il Natale.
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Sì, il blog è gestito da entrambe e i racconti sono scritti a quattro mani😊 Grazie per il commento e per le belle parole. Siamo contente di averti trasmesso qualcosa😊
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Bellissimo come imposti posso prendere esempio da te?
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Ciao mi piace molto come hai impostato i post posso prendere esempio
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Ciao, certo!
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Molto bello questo racconto, anche i temi affrontati permettono di soffermarsi fino alla fine. Però secondo me manca qualcosa, sembra scritto troppo in fretta. 😉
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Era indirizzato ad un concorso con un limite molto ristretto di battute. Purtroppo sarebbe stato bello poter aggiungere qualche dettaglio in più…😉
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Adesso capisco. Infatti l’altro racconto risulta più completo. 😉
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Sì, nell’altro non avevamo il limite delle battute😄
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